Applausi calorosi ieri sera al Carlo Felice per la prima di “Cenerentola”
Applausi calorosi ieri sera al Carlo Felice per la prima di “Cenerentola”. La celebre opera rossiniana è stata presentata in un allestimento del Teatro genovese che ha ripreso l’impianto scenografico del 1978 di Lele Luzzati.
La regia tradizionale di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi ha puntato sulla danza. Sul palcoscenico si è ballato molto, dal primo atto fino alla scena finale quando Cenerentola celebra la sua vittoria con “Non più mesta accanto al fuoco”.
Il ritmo è elemento fondamentale nel teatro comico rossiniano, caratterizzato proprio da un’azione musicale incalzante nella quale i concertati più trascinanti si alternano ad arie e cavatine in una partitura che è fra le più geniali del suo teatro.
Sul podio il direttore musicale del teatro Riccardo Minasi al suo primo impegno operistico al Carlo Felice. Minasi ha diretto con intelligenza e leggerezza, ottenendo una lettura piacevole.
Sul piano vocale non tutto ha convinto. L’aggressività ritmica rischia spesso di compromettere la dizione del testo, costringendo i cantanti a scivolare sulle parole, perdendo incisività e aderenza alla frase musicale. Hongni Wu è stata una Cenerentola aggraziata, precisa negli abbellimenti: peccato che la voce sia molto esile per cui negli insiemi veniva totalmente coperta. Antonino Siragusa un Ramiro dal bel portamento, non sempre elegante quando forza gli acuti.
Bene Roberto De Candia nei panni di Dandini e Gabriele Sagona in quelli di Alidoro. Marco Filippo Romano ha reso con simpatia la parte di Don Magnifico, attorniato dalle due figlie Giorgia Rotolo (Clorinda) e Carlotta Vichi (Tisbe). Bene il coro diretto da Claudio Marino Moretti e bene Sirio Restani alla tastiera per i recitativi.
Da segnalare un curioso incidente durante il primo atto quando sul fondo della scena è stato proiettata l’immagine del desktop di un pc. All’inizio del secondo atto l’entrata a luci già spente di un gruppo nutrito di spettatori che hanno preso posto nelle prime file, costringendo il direttore ad aspettare, appoggiato alla balaustra con lo sguardo fra il divertito e l’ironico verso i ritardatari.