Alassio ha celebrato l’80° Anniversario della Liberazione

Alassio ha celebrato l’80° Anniversario della Liberazione

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“Libertà! Ripeto le parole che ho già detto in questa occasione: siamo abituati ad essere liberi e questo privilegio, frutto della conquista della lotta partigiana di tutte le forze politiche di allora […] e dello sforzo bellico delle Forze Alleate, lo dobbiamo saper onorare, lo dobbiamo saper custodire e soprattutto non dobbiamo mai darlo per scontato. E nel dire questo mi rivolgo soprattutto ai nostri giovani, esprimendo eterna gratitudine ai nostri padri, ai nostri anziani, a tutti coloro i quali ci hanno insegnato i valori del rispetto e del senso di responsabilità […] Il 25 aprile è Festa nazionale. Una giornata che non prevede esclusi, ma che tutti abbraccia e ricomprende in una storia comune di popolo. Una giornata scritta nel cuore della nostra Nazione, che non è di altri, che non si è esaurita ottant’anni fa, ma che, a distanza di decenni, chiama tutti noi a far nostro e a rendere compiuto quel sogno di futuro e per esso lottare”.
Con queste parole pronunciate davanti al Palazzo Comunale in Piazza della Libertà – a pochi passi dalla simbolica Piazza dei Partigiani, anch’essa carica di memoria e significato – il sindaco di Alassio Marco Melgrati ha aperto, subito dopo la Santa Messa da campo officiata da Don Pier Francesco Corsi, le celebrazioni del 25 Aprile in città, in occasione dell’80° Anniversario della Liberazione. A conclusione del suo intervento il sindaco ha rivolto anche “un pensiero affettuoso, condiviso da tutti, a Papa Francesco. Un Papa che ha fatto della pace e della condanna della guerra, una missione, la sua ragione di vita”. Il sindaco Melgrati ha inoltre portato un saluto da parte consigliere regionale e comunale Rocco Invernizzi, impossibilitato quest’anno a presenziare ad Alassio insieme alle autorità cittadine poiché impegnato in concomitanza nel suo ruolo istituzionale a Genova per le celebrazioni del 25 Aprile alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Durante la celebrazione – che si è svolta alla presenza delle autorità civili, militari e religiose, delle associazioni locali e con una sentita partecipazione della cittadinanza e dei turisti – insieme al sindaco Melgrati sono intervenuti la presidente dell’A.N.P.I. Sezione Alassio – Laigueglia Franca Oliva e il consigliere regionale e comunale Jan Casella, incaricato quest’anno da A.N.P.I. Sezione Alassio – Laigueglia dell’orazione, nella quale ha richiamato in un contributo molto accorato i principi di pace, democrazia e libertà.
Nel corso della celebrazione – durante la quale sono stati eseguiti brani musicali dal vivo dalla “Ollandini Casual Orchestra” dell’Istituto Comprensivo Statale di Alassio un altro momento particolarmente sentito è stato lo svelamento della statua ad altezza d’uomo del Presidente Sandro Pertini realizzata dal Maestro Flavio Furlani, che l’artista intende donare al Comune di Alassio e per la quale il sindaco Melgrati ha auspicato che possa essere collocata in Piazza dei Partigiani.
La celebrazione della Giornata della Liberazione ad Alassio si è conclusa con la deposizione delle corone di alloro alle lapidi e ai Monumenti ai Caduti.
Si riporta di seguito il testo integrale dell’intervento del sindaco di Alassio Marco Melgrati:

“A tutti i presenti rivolgo il mio personale saluto, unito a quello del Comune di Alassio riunito oggi per celebrare l’80° Anniversario della Liberazione nazionale, momento in cui la fine del fascismo pose le basi della democrazia e il nostro Paese ritrovò la libertà.
Libertà!!! Ripeto le parole che ho già detto in questa occasione: siamo abituati ad essere liberi e questo privilegio, frutto della conquista della lotta partigiana di tutte le forze politiche di allora – dai monarchici ai popolari, dai socialisti ai repubblicani, dai liberali ai comunisti e ai militari che non avevano aderito alla Repubblica Sociale dopo l’8 settembre – e soprattutto dello sforzo bellico delle Forze Alleate, lo dobbiamo saper onorare, lo dobbiamo saper custodire e soprattutto non dobbiamo mai darlo per scontato. E nel dire questo mi rivolgo soprattutto ai nostri giovani, esprimendo eterna gratitudine ai nostri padri, ai nostri anziani, a tutti coloro i quali ci hanno insegnato i valori del rispetto e del senso di responsabilità.
È stato un cammino lungo, sanguinoso, a tratti eroico, molto spesso tragico, quello che dal 25 luglio 1943 ha portato al 25 aprile 1945, data simbolo dell’insurrezione popolare di un’Italia stremata, ma non vinta, che esprimeva il suo odio verso un regime che aveva svelato i propri tratti brutali e disumani. Un regime che, come tutti i regimi totalitari e autoritari di ieri e di oggi, aveva anteposto gli interessi del partito a quelli della Nazione.
In quel lasso di tempo tormentato maturò la rinascita morale dell’Italia, una rinascita ancorata ad ideali e aspirazioni, a lungo osteggiate da un regime illiberale e totalitario.
Sui valori e sui principi di pace, libertà, giustizia e solidarietà sarebbe sorto un ordinamento nuovo, che avrebbe ripudiato la guerra, dato vita ad una democrazia al posto di una dittatura, opposto la giustizia all’arbitrio, inneggiato alla libertà al posto dell’imposizione.
Dal coraggio di lottare per questo coacervo di ambizioni, desideri e sogni, uomini di fedi religiose diverse, opinioni politiche differenti, provenienti da ogni ceto sociale, colti od illetterati, davano vita a molte forme di Resistenza: quella dei militari, fucilati a Cefalonia, internati nei campi di concentramento per non aver aderito alla Repubblica di Salò, o confluiti numerosi nelle fila delle costituende formazioni partigiane, apportandovi un contributo di esperienza fondamentale. O quella di valorosi militari dei reparti italiani di co-belligeranza che, affiancando gli alleati, hanno fornito il proprio apporto alla fine della guerra in Italia.
Quella della popolazione civile, impegnata a sostenere le operazioni degli alleati e dei partigiani, a diffondere la stampa clandestina, a nascondere fuggiaschi, renitenti alla leva, ebrei ed oppositori politici.
Quella degli operai delle fabbriche del nord Italia, che diedero vita a scioperi impensabili sotto una dittatura, pagando un altissimo tributo.
Quella degli oppositori perseguitati dal regime, sovente incarcerati, mandati al confino o costretti a fuggire all’estero, uomini e donne i cui ideali, valori, convincimenti ed aspirazioni sarebbero confluiti – dopo lunga lotta ed un confronto pluralista tra tutte quelle forze in campo scese al fianco della Resistenza – in quella mirabile sintesi che è la nostra Carta Costituzionale.
Così come è doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre. La situazione critica del confine orientale fu elemento divisivo anche nella guerra partigiana. Anche questa, è storia.
Ma il frutto fondamentale del 25 Aprile è stato, e rimane senza dubbio, l’affermazione dei valori democratici, che il fascismo aveva negato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana.
Il 25 Aprile è festa nazionale. Qualcosa che esorbita dal perimetro della celebrazione, della commemorazione, della resa di doveroso omaggio allo sforzo di un popolo che, ritrovata la propria identità culturale illuminista e risorgimentale, chiudeva con l’esperienza devastante del totalitarismo.
Una giornata che non prevede esclusi, ma che tutti abbraccia e ricomprende in una storia comune di popolo.
Una giornata scritta nel cuore della nostra Nazione, che non è di altri, che non si è esaurita ottant’anni fa, ma che, a distanza di decenni, chiama tutti noi a far nostro e a rendere compiuto quel sogno di futuro e per esso lottare.
Ciononostante, sempre più aspro appare oggi lo scontro politico ed esistenziale. E da qualche parte viene rinfocolato quell’odio che contrappose gli italiani in una guerra civile: intolleranza verso il pensiero altrui, atti vandalici, minacce, aggressioni (individuali, di gruppo e anche contro le Forze dell’Ordine), sono ancora numerose da parte degli estremisti di ogni colore. Con buona parte della politica che non sempre ha il coraggio di condannare in modo bipartisan questi atti illiberali e violenti.
Sembra così lontano e dimenticato il discorso che Luciano Violante, storico esponente della sinistra italiana, tenne nell’aula di Montecitorio il 9 maggio 1996, nel giorno del suo insediamento alla presidenza della Camera:
“Mi chiedo – disse Violante – se l’Italia di oggi non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri. Non perché avessero ragione, o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le due parti. Bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e della libertà. Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro Paese, a costruire la Liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo Paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all’interno di quel sistema, comunemente condiviso, ci potranno essere tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni”.
Parole mature, straordinariamente importanti quando vengono da un Presidente della Camera che aveva iniziato la propria carriera nel partito comunista, pronunciate nella solennità del primo giorno di investitura. Parole che nessun rigurgito ideologico, nessun nostalgismo di simboli che hanno mietuto milioni di vittime nel mondo, potranno mai cancellare.
Un auspicio, quello dell’ex presidente della Camera Luciano Violante, che non solo condivido ma che voglio, oggi, rinnovare, proprio perché a distanza di 80 anni l’amore per la democrazia e per la libertà è ancora l’unico vero antidoto contro qualsiasi totalitarismo. In Italia come in Europa.
Una consapevolezza che ha portato il Parlamento europeo a condannare inequivocabilmente e definitivamente tutti i regimi del ‘900, senza eccezioni, con una risoluzione del settembre 2019 nella quale da uomo delle Istituzioni, mi riconosco totalmente.
Per concludere desidero rivolgere un pensiero affettuoso, condiviso da tutti, a Papa Francesco. Un Papa che ha fatto della pace e della condanna della guerra, una missione, la Sua ragione di vita.
Viva l’Italia libera e liberata, viva la libertà, viva Alassio!!!
Viva il 25 Aprile!”